Il cane e il lupo

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Il cane e il lupo

Il cane e il lupo è una delle tante favole scritte da Fedro poi ripresa successivamente anche da Jean de La Fontaine.

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Il cane e il lupo DA LEGGERE

Versione di Fedro

Racconterò brevemente quanto sia piacevole la libertà.

Un lupo consumato dalla magrezza incontrò casualmente un cane ben pasciuto. Dopo essersi salutati si fermarono: “Come mai, di grazia, sei così ben nutrito? Con quale cibo sei così tanto ingrassato? Io che sono tanto più forte sto morendo di fame”. 

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E il cane semplicemente: “Simile sorte ti attende se sei disposto a fare per il padrone le stesse cose che faccio io”. 

“Quali?” chiese quello. “Fare la guardia alla porta e di notte difendere la casa dai ladri”. 

“Certo che sono disposto: ora soffro per la neve e la pioggia conducendo una dura vita tra i boschi: quanto è per me più facile vivere sotto un tetto e saziarmi di abbondante cibo senza far nulla!”

“Allora vieni con me”. Camminando il lupo vede il collo del cane logorato dalla catena. 

“Cos’è questo, amico?” “Non è nulla”. “Ma dimmelo, ti prego” 

“Poiché sembro aggressivo, durante il giorno mi legano perché mi riposi e sia vigile durante la notte: sull’imbrunire, una volta slegato, vado dove voglio. 

Inoltre mi danno il pane, il padrone mi da le ossa dalla sua mensa, la servitù mi lancia bocconi e quel che avanza del companatico. Così senza fatica riempio la mia pancia”. 

“Dimmi un po’, se si desidera andarsene, è possibile (farlo)?” 

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“Assolutamente no” rispose 

“Goditi le cose che lodi, cane. Non voglio essere re se non sono libero”.

MORALE: La libertà non ha prezzo.

Versione di Jean de La Fontaine – Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)

Un Lupo già ridotto al lumicino
grazie ai cani che stavan sempre all’erta,
andando un dì per una via deserta
incontrava un magnifico mastino,
tanto grasso, tondo e bello,
che pensò di dargli morte
provocandolo in duello.
Ma vedendolo un po’ forte,
pensò invece con ragione
di pigliarlo colle buone.
Comincia in prima a rallegrarsi tanto
di vedere il buon pro’ che gli fa il pane.

– E chi vi toglie, – rispondeva il Cane, –
di fare, se vi accomoda, altrettanto?
Quella vita che voi fate
dentro ai boschi è vita infame
sempre in guerra e sempre in scrupolo
di dover morir di fame:
vita stracciata e senza conclusione
che non può mai contar sopra il boccone.
Venite dietro a me, mio buon compare,
che imparerete l’arte di star bene.
Vi prometto pochissimo da fare;
star di guardia, guardar chi va, chi viene,
abbaiare ai pitocchi ed alla luna
e sbasoffiare poi certi bocconi
di carne e d’ossa, d’anitre e capponi,
senza contar la broda
in pagamento del menar la coda -.

Udendo questo, della sua fortuna
il Lupo si rallegra fino al pianto.
Ma camminando dell’amico accanto
gli venne visto spelacchiato e frollo
del buon mastino il collo.

– Che roba è questa? – È nulla. – È nulla un corno!
– Suvvia non darti pena,
forse il segno sarà della catena
alla quale mi legano di giorno.

– Ti legano? – esclamò cangiando tono. –
Né correre tu puoi dove ti piace?
– Che importa? – Importa a me, colla tua pace;
fossero d’oro, i piatti tuoi ti dono,
non è una vita, no, che m’innamora -.
E presa la rincorsa, corre ancora.

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