L’acciarino magico

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L’acciarino magico

L’acciarino magico è una fiaba scritta da Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1835.

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L’acciarino magico DA LEGGERE

di Hans Christian Andersen

C’era una volta… un soldato valoroso che tornava dalla guerra. Nonostante il suo coraggio, le sue tasche erano vuote e la spada era rimasta la sua unica ricchezza.

Passando in mezzo a una foresta, incontrò una vecchia strega che lo fermò.

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“Bel soldato, ti piacerebbe guadagnare un sacco di monete?”

“Monete?! Farei qualunque cosa per un pò di denaro…”

“Bene!” riprese la strega, “Vedrai che non sarà difficile! Devi calarti nel tronco vuoto di quell’albero finché troverai un grosso cane con occhi grossi come tazzine da tè a guardia di un grosso forziere pieno di monete di rame: dietro la seconda porta un tesoro di monete d’argento sarà difeso da un cane con occhi grossi come macine del mulino. Infine, se aprirai la terza porta, troverai un altro cane con gli occhi grossi come la base di un torrione, vicino a un tesoro di monete d’oro. Se però poserai davanti ai cani questo mio grembiule, loro vi si accucceranno sopra senza farti male e tu potrai prendere tutte le monete che vuoi. Cosa ne dici?”

Il soldato chiese allora sospettoso: “Ma tu cosa vuoi in cambio?”

“Voglio solo che mi riporti un vecchio acciarino dimenticato da mia nonna!”

Il giovane si legò allora una corda alla vita e, senza abbandonare la spada, si calò nell’apertura. Con sua grande meraviglia trovò le tre porte e i tre cani, proprio come aveva predetto la strega.

Poco dopo era di ritorno con le tasche piene di monete, ma prima di consegnare l’acciarino chiese alla strega: “A che cosa ti serve?”

La strega urlando gli si avventò addosso tentando di graffiarlo: “Dammelo subito! Dammelo, altrimenti….”

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Il soldato, nel vedersi assalito dalla megera esclamò: “Ah! E’ così che mi ringrazi? Adesso ti farò vedere io!”

E, sguainata la spada, con un fendente tagliò di netto la testa alla vecchia.

Poi fischiettando proseguì allegro il cammino finché arrivò in città: “Finalmente potrò mangiare e bere a volontà!” si disse, spalancando la porta di una bella locanda.

Mai fino allora la locanda aveva avuto un ospite così: pranzi di parecchie portate, una più ricercata e abbondante dell’altra, ma soprattutto laute mance.

Al soldato sembrava di essere diventato un Principe, per l’improvvisa ricchezza. Si comprò per prima cosa un paio di stivali nuovi poi, consigliato da alcuni nuovi amici, fece visita al miglior sarto della città.

Dopo pochi giorni vestiva una splendente uniforme che tutti si giravano ad ammirare. Generoso, era sempre attorniato da gente che voleva consigliarlo sul come spendere il suo denaro: pranzi, balli, passeggiate in carrozza, teatri e soprattutto grandi bevute si susseguivano.

Com’era inevitabile, il denaro finì: sparirono gli amici e fu scacciato dalla locanda quando si accorsero che non poteva più pagare.

Il povero soldato finì in una soffitta e ogni giorno doveva stringere di un buco la cinghia dei pantaloni. Tutto il buonumore e l’allegria di prima se n’erano andati.

Una sera si trovò a fare l’inventario del poco che gli era rimasto e vuotando le tasche si accorse di non aver mai usato l’acciarino della strega.

Lo sfregò e allo sprizzo della prima scintilla di colpo gli comparve davanti il cane con gli occhi grandi come tezine da tè.

“Cosa comandi, mio signore!” disse la bestia.

Il soldato, sbalordito, balbettò: “…portami tanti soldi!” Un attimo dopo il grosso cane era di ritorno, serrando fra i denti un sacco di monete.

Il soldato buttò all’aria il cappello gridando: “Evviva! Sono ricco!” Poi continuò a sfregare l’acciarino e ogni volta il cane tornava con altre monete.

Quando poi l’acciarino fu sfregato due volte di seguito, arrivò il cane con gli occhi come macine di mulino, carico di monete d’argento, mentre quello che portava monete d’oro comparve strofinando tre volte.

Di nuovo ricco, il soldato ricominciò a fare una vita da gran signore. Durante un ricevimento a palazzo reale, venne a sapere che il Re, credendo a una profezia che destinava la bellissima figlia a sposare un semplice soldato, non permetteva a nessuno di avvicinarla.

Quella sera, tornato in albergo, sfregò l’acciarino formulando un nuovo desiderio: “Portami la Principessa, anche solo per un momento!” Aveva appena pronunciato queste parole che il cane tornò con la bellissima fanciulla addormentata.

Il soldato non poté fare a meno di baciarla e la mattina dopo la ragazza raccontò ai genitori di aver sognato quanto invece era realmente accaduto.

La madre, insospettita, corse subito ai ripari e una dama di corte fu incaricata di vegliare notte e giorno sulla giovane. La sera dopo, il cane era tornato a prendere la Principessa fu visto e, dato l’allarme, al suo ritorno venne studiato uno stratagemma per sapere dove veniva portata la giovane.

La dama della Regina si procurò un sacchetto di semola con cui riempì l’orlo della gonna della Principessa: la polvere uscita da un buco rivelò dove veniva portata.

All’alba il soldato, scoperto, fu subito arrestato e condannato all’impiccagione! In prigione il soldato aspettava tranquillo l’ora dell’esecuzione.

Il giorno fissato, una gran folla si era radunata intorno al patibolo e quando il condannato arrivò, un mormorio si alzò: “Poverino! Muore per un bacio!”.

Il boia alzò il cappio verso il collo del soldato e questi ottenne come ultimo desiderio di poter fumare. Il giovane, messa in bocca la pipa, sfregò più volte l’acciarino.

I tre cani comparvero per incanto. Il soldato dette un ordine e le tre belve si gettarono sulle guardie. Il Re, sbalordito di fronte al prodigio, dovette arrendersi e mormorò alla Regina: “Ecco che la profezia si avvera!”

Infatti il giovane soldato di lì a poco sposò la Principessa, e in quell’occasione l’acciarino fu sfregato ancora una volta per invitare anche i tre cani alla sontuosa cerimonia.

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